Furrow, a Cole Porter tribute
Moltissime canzoni di Cole Porter, quasi tutte, sono diventate ciò che gli anglosassoni chiamano « evergreen » (sempreverdi), evolvendosi tra jazz, pop, e perfino rock, in interpretazioni sempre rinnovate. Ha un senso dunque proporle oggi nelle sapienti trascrizioni, anche negli insoliti arrangiamenti di Régis Huby, che, insieme a Guillaume Séguron, Olivier Benoit, Roland Pinsard e Eric Echampard le interpreta in concerto per la splendida voce di Maria Laura Baccarini. Perché amiamo e continuiamo ad amare Cole Porter? Per la sua sapienza musicale; per la capacità acrobatica di giocare con la lingua inglese, anche mescolandovi parole francesi, italiane, spagnole; per la tensione erotica così pressante e infine, last ma certo not least, la sua meravigliosa ironia e poi il rigore metrico e musicale delle sue composizioni, un po’ come se fosse il Teorema di Pitagora cantato e ballato da Ferd Astaire. A differenza dei suoi contemporanei illustri come il torrenziale Irving Berlin, il polivalente Jerome Kern, l’ipersentimentale doppia coppia Rodgers e Hart, Rodgers e Hammerstein, lo squisito e tormentato Gorge Gershwin, Cole Porter ha vissuto coraggiosamente sotto la bandiera della leggerezza, senza mai fare pesare a noi che ascoltiamo le sue canzoni, la sua fatica, la sua sofferenza, il suo dolore. E’ chiaro che non è facile cantare Cole Porter e che ben pochi interpreti sono capaci di restituircene i molteplici aspetti. Maria Laura Baccarini per un miracolo dell’arte, per qualche affinità elettiva, per molto impegno e per un gran lavoro, lungo, gaio e appassionato, ne è capace. Ascoltarla quando canta Cole Porter è un privilegio e una grande emozione.
Alvise Sapori